Torno per un post sporadico, ma vi voglio rendere partecipi di questa notiziona!
La notizia originale arriva dall'Australia, dove una nostra (di tutte le amministratrici della pagina) amica vive da qualche tempo. Nel continente subequatoriale in questione si è creata una bella polemica. L'Australia riconosce già le coppie di fatto sia eterosessuali che omosessuali, e i diritti degli omosessuali sono decisamente maggiori, nelle città si vedono girare coppie omosessuali abbracciate e che si baciano, senza per questo stizzire la gente (la nostra amica dice: "Se vedi qualcuno che si ferma a fissare, nove volte su dieci è un turista. La maggior parte degli australiani se ne frega di come ti vesti o di come ti comporti, a meno che non infastidisci qualcuno di proposito, allora sono duri."). Quello che manca all'Australia adesso è il riconoscimento del diritto al matrimonio, cosa che, dopo molti anni di discussioni, sembra che stia per essere finalmente approvata, d'altra parte le unioni civili non hanno portato all'inversione del magnetismo terrestre o all'aumento degli uragani nel Paese, quindi diciamo che adesso si sentono sicuri (sono ironica per chi non lo avesse capito!). A settembre in Australia si deciderà se approvare o meno i matrimoni gay, non so di preciso se in tutti gli stati o meno, ma non è importante ai fini di quello che voglio dire.
Queste sono le premesse.
In questa landa di canguri, koala e wombati vivono due illustri personaggi, i coniugi Jensen, Nick e Sarah, che sono così contrari al matrimonio gay che hanno deciso di portare avanti una protesta singolare, hanno infatti dichiarato che divorzieranno se i matrimoni omosessuali verranno approvati. Questo perché Dio sarebbe contrario ai matrimoni gay e loro, in quanto cristiani praticanti, hanno deciso questo modo se non altro bizzarro di opporsi alla cosa. Si potrebbe a questo punto sottolineare la cosa con un sonoro "E 'sti cazzi?!?!", ma gli australiani non si sono limitati a questo, e qui arriva la parte che reputo divertente. Infatti un gruppo di persone a favore del matrimonio tra omosessuali, persone che non devono per forza essere omosessuali essi stessi, hanno pensato che, al momento del passaggio della legge, non si limiteranno a festeggiare l'approvazione della legge in sé, ma bensì si festeggerà l'imminente divorzio di Sarah e Nick. E' stato quindi creato un evento su facebook che in meno di un giorno ha raccolto più di 87'000 persone. E certi commenti sono veramente divertenti. Il messaggio è chiaro: l'Australia è pronta per la parità dei diritti e chi è contrario dovrà adeguarsi.
Vorrei aggiungere che sono profondamente triste per Sarah e Nick, che non sono riusciti a trovare altra scusa per divorziare se non quella di farlo per non essere riusciti a limitare i diritti di qualcun'altro. Forse non sapevano che il divorzio è già legale, nonostante nella bibbia non sia assolutamente contemplato.
Nell'immagine una raccolta di commenti presenti nella pagina dell'evento.
E questo il link della pagina facebook dell’evento:
La notizia è di qualche tempo fa ma mi sono decisa a parlarne solo adesso, per mancanza di tempo e di voglia di affrontare un argomento del genere sapendo la fatica che avrei dovuto fare per rendere la notizia e la spiegazione dell’evento comprensibile per tutti. Eppure era troppo interessante per non accettare la sfida.
Per prima cosa cercherò di spiegare che cosa è accaduto in maniera più spicciola possibile.
Una donna americana era nata con una rara malattia genetica, chiamata sindrome WHIM. La sindrome WHIM è l'acronimo per verruche (Warts), ipogammaglobulinemia (Hypogammaglobulinemia), infezioni (Infections), ipercellularità del midollo osseo (Myelokathexis). Gli effetti di questa malattia sono già descritti nel suo nome, i pazienti, assai rari, presentano una serie di disturbi dovuti alla mancanza di efficienza del sistema immunitario dovuto alla diminuzione di specifiche cellule immunitarie circolanti, i neutrofili, e la carenza di una tipologia di anticorpi, le gammaglobuline per l’appunto. La terapia di solito consiste in iniezioni mensili di immunoglobuline (anticorpi) e l’utilizzo di G-CSF (Granulocyte-colony stimulating factor) o di GM-CSF (Granulocyte-macrophage colony-stimulating factor) due fattori stimolatori cellulari che aiutano la produzione di neutrofili normalizzandone i livelli.
Questa malattia è cronica, va avanti per tutta la vita. Qual è la causa di questa malattia? Una mutazione di un gene (d’altra parte è una malattia genetica, no?!).
Il responsabile è un frammento di un gene, chiamato CXCR4, che sintetizza per un recettore cellulare e che per via della mutazione non funziona più a dovere bloccando di fatto una serie di segnali cellulari necessari per cui le cellule rimangono attaccate letteralmente al loro sito di produzione e non entrano in circolo, rendendo il paziente più suscettibile a infezioni.
Facciamo un passo indietro: L’essere umano ha il patrimonio genetico derivato da due individui, i genitori biologici, quindi ogni gene si trova presente in doppia copia, uno su un cromosoma materno e uno su quello paterno. Nella WHIM la mutazione di uno solo di questi due porta allo sviluppo della malattia, ma l’altro gene può produrre un recettore normale e funzionante. Quindi, mentre uno dei due recettori (il mutato) obbliga le cellule del sangue prodotte a rimanere attaccate al midollo, l’altro recettore (il normale) svolge tutte le funzioni normali per la cellula.
Le cellule che circolano nel sangue sono prodotte dal midollo osseo dove esistono delle cellule staminali, capaci di divenire quasi qualunque cellula, a seconda della necessità. Se la genetica di queste cellule è sbagliata, tutte le cellule da esse derivate saranno, per forza di cose, malfunzionanti.
Torniamo alla nostra donna americana malata di WHIM. All’età di 59 anni si trovò nella spiacevole condizione di dover portare le sue figlie dagli stessi medici che le avevano diagnosticato la malattia in quanto le ragazze, di circa 20 anni, presentarono la stessa malattia e la stessa mutazione della madre e quando i medici chiesero notizie della madre scoprirono che, da quando aveva all’incirca 30 anni, si sentiva molto meglio e non aveva avuto più alcun problema.
I medici decisero di fare le dovute analisi e scoprirono che la signora era guarita, il gene mutato responsabile della WHIM era sparito, i suoi globuli bianchi circolavano normalmente, erano guariti, lei era guarita. Le cellule del sangue (specifichiamolo, perché i medici trovarono anche che nel resto delle cellule sussisteva ancora la mutazione) si comportavano normalmente entrando in circolo e combattendo le infezioni.
Dopo aver approfondito gli studi i medici hanno scoperto che cosa era successo e perché la paziente fosse guarita.
Analisi del genoma (tutto il DNA) della paziente hanno portato a scoprire che il cromosoma che portava la mutazione aveva subito delle modifiche e risultava addirittura più corto rispetto all’altro, è stato poi visto che la parte mancante conteneva anche parte del gene mutato che quindi era stato eliminato e non veniva più prodotto. Questo “taglio” era avvenuto in una sola cellula staminale che poi aveva proliferato e colonizzato il midollo, portando alla produzione di cellule del sangue funzionanti in quanto l’altro cromosoma ancora produceva il recettore normale, quindi pienamente funzionante e inoltre aveva potuto sopperire alla mancanza degli altri geni tagliati dal cromosoma.
Questa guarigione è stata definita un miracolo medico, e potremmo anche dire che lo sia, qualcuno dirà che dio ha posato la mano su questa donna (ma non sulle due figlie che sono ancora malate e neanche su altre malattie mortali, ma questo è un dettaglio) e ha dimostrato la sua forza e il suo amore.. e bla bla e ancora bla.
Ammettiamo che io ci creda, e che il meccanismo di shatter (spezzettamento o taglio di materiale genetico) del cromosoma sia stata un modo di dio per manifestarsi, supponiamo che io ci creda. Quindi supponiamo che il fatto che il cromosoma abbia subito un taglio di materiale e riarrangio sia dovuta a dio. Bene. Peccato che nel 99% dei casi in cui questo meccanismo è già stato documentato questo evento sia stato identificato perché ha causato problemi importanti negli individui che lo avevano subito. Opera di dio anche quello? Miracoli al contrario?
Lasciate che mi allacci brevemente all’evoluzione, questi eventi fanno parte dell’evoluzione, per un milione di casi in cui un evento del genere non porta a cambi significativi o porta svantaggio, esiste un caso in cui porta a un cambio utile. Supponendo che questo cambio fosse avvenuto in una cellula riproduttiva, avremmo avuto qualcosa da passare alle future generazioni. Senza contare la serie di altri piccoli eventi epigenetici che possono verificarsi e influenzare il riarrangio del DNA, spesso l’epigenetica è dovuta a fattori ambientali, quindi l’ambiente può influenzare un gruppo di individui viventi nello stesso luogo, portando a cambi simili che verranno poi passati alle generazioni future.
Un’amica che vive in Australia mi ha raccontato alcuni eventi avvenuti lì tra gente che conosce e con cui è amica. Australia, uno dei paesi della speranza, per molti. Ho scritto quello che lei mi ha raccontato e le ho chiesto di correggere eventuali inesattezze. Non ha voluto scrivere da sola, ma mi ha dato il permesso di farlo e penso che sia interessante mostrare anche altre parti del mondo. Ho scritto in prima persona, perché riporto quello che mi ha detto e la scrittura in prima persona è molto più immediata e semplice. Atea anche lei si è spesso trovata di fronte alla sorpresa degli altri, che vedono gli italiani come un popolo esclusivamente di cattolici, così come ci sono tanti luoghi comuni su altri popoli.
“L’Australia è ormai multiculturale e multietnica, girando per le varie città australiane si trovano svariati tipi culturali, tanto che ormai non ci si fa più caso, molti arabi, moltissimi asiatici tra cui cinesi, coreani, vietnamiti, ma anche giapponesi e indiani (Sì, anche l’India è Asia), gente del Bangladesh, del Pakistan e così via. Si trovano anche Palestinesi e Israeliani. Molti dei figli di queste persone si mescolano tra loro e sono amici, ma dall'altra parte si vedono gruppi spesso omogenei di ragazzi e persone vestite in modo comune. Ad esempio gli indiani di diverse religioni o caste difficilmente si mescolano e quando accade ci sono spesso forti dissapori con le famiglie di origine, ancora ben legati alla visione tradizionale del loro paese, spesso fortemente incentrata sulle differenze religiose. Ma in generale l’estremismo è molto limitato.
Quando ero in Australia da poco più di 4 mesi e dopo essermi abituata all'accento indescrivibile australiano, ho conosciuto una ragazza, anche lei non di origini australiane anche se la famiglia viveva qui da ormai quasi 8 anni e lei era arrivata quando era poco più che adolescente, quando parlava al telefono coi genitori parlava una lingua che era chiaramente di origini arabe, anche se il suo modo di vestire era occidentale. Una sera mi invitò a dormire da lei dopo una sera fuori con amiche, al mattino conobbi parte della sua famiglia, gente cordiale e molto gentile, mi offrirono i piatti tipici arabi per colazione. Avevano il crocifisso in casa, in realtà all'inizio non ci feci molto caso, venendo dall'Italia per me il crocifisso era una sorta di suppellettile d’arredo nel 90% delle case che visitavo, ma poi lo trovai stonare con lingua e cultura araba. Ecco un luogo comune. Ad aggiungersi venne la sorpresa delle sorprese, chiesi loro da dove venivano, per curiosità più che altro. Sono di origine palestinese, nati e cresciuti lì. Anche la mia amica è nata lì. Lei e la sua famiglia sono fuggiti dalla guerra, dopo aver perso la casa a causa dei soldati Israeliani ai quali non importava nulla della religione di chi si trovava lì, loro dovevano solo cacciare chiunque non fosse ebreo. Così una famiglia di cristiani (vorrei ribadirlo) si ritrovò a dover muoversi per anni alla ricerca di un po’ di pace. Fuggirono quasi tutti, ma molti della loro famiglia sono morti lì. Parecchi parenti si trovano ancora lì o sono emigrati in libano o in altri paesi vicini, cercando miglior fortuna, alcuni non ce l’hanno fatta, alcuni vivevano a Gaza e sono morti lì. La guerra in Palestina non è una guerra tra mussulmani e ebrei, in quella guerra ci sono finiti tutti e molte famiglie sono state distrutte. Era la prima volta che la vedevo così. Ero abituata a pensare alla Palestina araba e mussulmana e a Israele ebreo, non era così. Chiunque non fosse Ebreo era una sorta di “invasore” e andava cacciato, con le buone o con le cattive. Lo stupore si accentuò quando conobbi altri arabi, tutti cristiani. E uno dei miei luoghi comuni sparì. Devo dire che anche il loro stupore quando dicevo di essere in realtà atea era grande, convinti che gli italiani fossero tutti cattolici. In Australia sono delle specie dei fanatici della legalità e quindi difficilmente si adeguano alle regole altrui, ma soprattutto, c’è una netta separazione tra chiesa e stato, e non può essere altrimenti, vista la quantità di religioni presenti. La libertà di culto è un diritto, l’imporre la propria religione non lo è. Ho conosciuto un ragazzo palestinese e musulmano, tipo strano, molto riservato, lavora in un gruppo con un altro ragazzo, ebreo e israeliano, e non si parlano, venuti entrambi dalla realtà palestinese. Il musulmano non riesce a non fare una colpa all'altro di quello che succede nel loro paese. Anche se non sono direttamente responsabili del conflitto, lo sentono comunque come parte di esso e come non potrebbero? Sono arrivati in Australia da poco e le ferite sono ancora fresche, parlando con entrambi ho saputo che entrambi hanno perso qualcuno per quel conflitto e entrambi biasimano la parte opposta.”
Vorrei non si dimenticasse che quando lo stato di Israele fu dichiarato nel 1948, in quelle terre già ci vivevano delle persone, e l’unica discriminante era la loro religione. Non si è trattato quindi di cambiare dei confini e includere in una nuova nazione tutti coloro che già ci si trovavano, ma semmai di cacciare chi non era della religione “giusta”, scatenando lotte fra quelli che prima erano vicini di casa e anche amici. Nel cercare di ripagare gli ebrei del grande torto subito durante la seconda guerra mondiale si è fatto un altro errore, al quale non si riesce a porre rimedio.
Ah, la mente dei bambini, così immensa e piena di spazio libero, nel momento in cui si formano le connessioni e i ricordi, sono come spugne.
Il giorno in cui la mia amica cattolica tirò fuori quella che era la sua idea sulla mia conoscenza della vita dei santi l’unica cosa che potevo dire era che sicuramente si sbagliava.
Lei pensava che dio mi avesse infuso la conoscenza della vita dei santi per convertirmi e mostrare la sua forza e il suo amore. Io ero sicura che non fosse così. Ma d’altra parte il mistero esisteva: come potevo io essere a conoscenza di dettagli di quel genere sulla vita e la morte dei santi? Quindi feci l’unica cosa logica da fare, cioè mi misi alla ricerca di informazioni e di indizi e prove. Tornata a casa consultai l’elenco dei libri che avevamo nella libreria (sì, sono così tanti che abbiamo fatto un elenco e lo teniamo aggiornato), ma non venne fuori nessun libro sui santi, il che non mi sorprese molto, avrei ricordato un libro del genere, in compenso mi ero soffermata sulla lista più del previsto, presa dai ricordi nel trovare titoli che avevo sempre amato. A quel punto non sapevo che pensare, così chiesi ai miei genitori se avessi mai avuto un libro o delle favole sui santi. Ricevetti un secco NO e anche degli sguardi stupiti. Al che spiegai loro cosa era successo e quando smisero di ridere riguardo la storia della conoscenza diretta da dio, mia madre disse “Sapevo che ci sarebbero state conseguenze.” Si sedette e mi disse di fare altrettanto, ancora sorrideva e iniziò a raccontare: “Quando avevi 3 anni e andasti all’asilo capitasti con una maestra molto gentile e buona, il suo nome era Fatima, ma tu la chiamavi “fatina”. Era molto buona e tranquilla e sapevamo tutti che era anche molto cattolica, ma non ci importava molto. Dopo qualche tempo che la scuola era iniziata tu cominciasti ad avere strani atteggiamenti. Avevi paura a camminare scalza e poi un giorno ti trovammo in giardino che scavavi la terra da dentro i vasi perché ‘La maestra Fatina ha detto che il diavolo sta sotto terra, e voglio vedere se è vero!’, ti spiegammo che il diavolo non esiste, che è inventato. Sembrasti delusa, non so se per la bugia della maestra o perché ci tenessi veramente a trovare il diavolo. Avevi solo 3 anni, le cose potevano essere considerate delle tragedie e un minuto dopo tutto era tranquillo. Dopo qualche tempo cominciasti a tornare a casa e fare domande sui santi, quando chiedemmo spiegazioni ci dicesti che la maestra Fatima (o Fatina come dicevi tu) vi raccontava delle storie di santi e martiri ogni giorno e che ti stupiva che tanti fossero morti in maniera così brutta. A quel punto mi decisi ad andare a parlare con lei. Ci disse che raccontava ai bambini la storia del santo del giorno ogni giorno e che lei pensava che fosse una cosa buona far conoscere i santi ai bambini, le chiedemmo di smetterla e di passare a favole più costruttive e meno violente, visto che non erano proprio racconti da fare a bimbi di 3 anni. La maestra non era disposta a smettere e quindi si trovò un accordo, le chiesi di parlare ai bambini anche degli eventi storici italiani, in modo che conoscessero anche la storia del loro paese. Non c’è stato granché da fare e non volevamo fare troppo casino per questa cosa, per un po’ continuò con le storie dei santi, poi anche altri genitori, cattolici, protestarono per la cosa e si decise a smettere di farlo, ma penso che ormai aveste già sentito parecchi santi. Probabilmente quelle storie così impressionanti sono rimaste come memorie nel tuo cervello. Anche perché non credo che tu sappia la vita di ogni singolo santo, e se fosse stato dio li avrebbe mesi tutti no?” Ancora sorrideva.
Quindi era questo il grande mistero!! Una maestra di asilo devota alla chiesa cattolica che non voleva ascoltare le richieste di una mamma atea e che mi aveva riempito al testa di storie macabre di gente morta in maniera per lo più orribile e vissuta anche peggio. Nessun intervento divino. La mia amica ci rimase non poco male, ma solo per qualche secondo, poi il volto le si illuminò di nuovo “Non capisci? Dio ti ha mandato quella maestra, perché tu imparassi!”
Non c’è niente da fare, certa gente vede sempre quello che vuole vedere. E solo quello.
Ieri mi è tornato in mente un aneddoto abbastanza strano della mia vita, legato alla religione e all'impatto che essa ha sulle nostre vite, volenti o nolenti.
Sono cresciuta in una famiglia atea, questo vuol dire che non ero OBBLIGATA a ringraziare prima dei pasti, se non chi aveva di fatto comprato e cucinato il pasto stesso e al massimo ero obbligata a lavare i piatti dopo il pasto. Come anche non ero OBBLIGATA a inginocchiarmi ai piedi del mio letto e contattare telepaticamente nessun amico immaginario. Quando i miei amici e compagni di classe andavano a catechismo io restavo a casa a giocare con altri amici o con i miei fratelli, oppure facevo i compiti o leggevo libri, tanti libri. Non passavo la domenica mattina in una chiesa affollata ripetendo a pappagallo frasi di cui non sapevo il significato insieme ad altri ragazzi e ragazze annoiati. A casa mia avevamo la bibbia, certo, nello stesso scaffale dei libri sui miti romani e greci, le religioni degli aztechi degli inca e dei maya e sui miti celtici, i miei preferiti. Non mi hanno tenuta all'oscuro del cristianesimo, come avrebbero potuto? In Italia è un martellamento continuo, senza contare i continui disagi che la santissima Chiesa cattolica ci offre ogni giorno. Per di più vivevamo vicino ad un punto di pellegrinaggio, con gente che passava di continuo di fronte casa nostra per raggiungerlo, con processioni varie e tanto di megafono (non è la prima volta che accenno al fastidio assurdo che questo porta alla mia vita o almeno ha portato per svariato tempo), insomma, è impossibile ignorare la religione, sono proprio i credenti che te lo rendono impossibile. Loro così fieri della loro fede da diventare quasi molesti, fino a sfociare nel fastidio assurdo quando scoprono che tu non credi. A quel punto la loro diventa una missione.
I fatti che vi vado a raccontare sono avvenuti dopo un paio di mesi che avevo cominciato a lavorare in un call center, un lavoro che penso abbiano fatto tutti gli studenti almeno una volta nella vita, è un lavoro massacrante a modo suo, ma questo è un altro discorso, che forse riprenderemo, vedremo. Metà delle persone nel call center era giovane, ragazzetti che avevano deciso di lasciare le superiori non appena diciottenni o che avevano deciso di arrotondare con quel lavoro, avevano fatto gruppetti e ovviamente i gruppetti si erano formati nella regola di sparlare di chi non ne faceva parte. Quelli che erano più grandi non ci davano peso mentre gli altri avevano questa specie di lotta a chi è più fico. Spesso questo tipo di lotte arrivano al punto in cui chi è più debole o remissivo finisce al centro delle burle, un modo per sviare l’attenzione da se stessi probabilmente. Non starò a dire che tipo di rapporto avevo con loro, diciamo solo che non facevo parte di nessun gruppetto. Durante quel periodo venne assunta anche una ragazza molto credente, troppo a mio parere. Divenne bersaglio dei gruppetti, la prendevano in giro per come si vestiva (molto castigata) e per la sua voce molto sottile, mai avrei pensato di poter descrivere una voce usando un aggettivo del genere, ma era proprio così, sottile. Sembrava sempre che sussurrasse, anche quando parlava a voce alta. L’ho definita ragazza perché questo era ciò che avevo pensato all'inizio, esile, piccola e con quella vocina, scoprimmo poi che aveva già quasi 40 anni, mentre ne dimostrava tranquillamente la metà. Diventammo amiche, un po’ perché era sempre sola, e un po’ perché alla fine io sono come sono e difficilmente giudico solo da un fattore. Iniziammo a uscire insieme spesso fuori dal lavoro. Parlare con lei era strano, eravamo completamente diverse. Stesso livello di istruzione, ma lei in campo umanistico, mentre io in campo scientifico. Sapeva molte cose ed era stimolante per certi versi, ma non appena si parlava di qualcosa anche solo vagamente connesso con la religione diventava un’altra. Ricordo che avevano appena pubblicato un libro critico sui vangeli (niente titolo, anche se lo ricordo molto bene) e vedendolo in una vetrina di una libreria una sera mentre passeggiavano mi fermai e dissi che forse valeva la pena leggerlo, lei mi guardò inorridita e con la sua vocina sottile mi disse: “È un libro pieno di bugie, non lo comprare.” e io dissi “Ah, lo hai letto?”. La sua risposta, così come molte altre che mi diede in altre occasioni, mi gelò: “No, il nostro prete ne ha parlato in chiesa, è un libro blasfemo.” Naturalmente questo non mi fece assolutamente desistere dal leggerlo, ma l’idea che una persona, senza leggere, senza informarsi autonomamente potesse fidarsi ciecamente di qualcun altro, mi stupiva. Io non ero cresciuta così, non riuscivo davvero a capire quel suo modo totalmente cieco di credere. Fummo in stretto contatto e ci frequentammo per qualche mese, poi le nostre strade si divisero, eppure durante quei mesi mi ha mostrato un lato del credere che non avevo mai visto, aveva fiducia nella chiesa come un bambino nei propri genitori, senza mai raggiungere la pubertà e la fase di ribellione. Mi incuriosiva. Potrei parlarvi per ore di quello che pensava e diceva e di come i suoi discorsi dal punto di vista religioso fossero completamente privi di qualsiasi logica, mentre sembrava una persona assolutamente diversa quando parlava delle critiche degli autori dell’800. Aveva una sorta di doppia personalità. Ma per oggi vi parlerò di quello che reputo l’esempio più lampante degli effetti della religione sul cervello umano, il suo e… anche il mio.
Capitò che per un paio di giorni ci trovassimo a fare le parole crociate durante la pausa tra due turni di lavoro e per un paio di volte alcune definizioni riguardavano dei santi, tipo “Il santo che morì nel tal modo” oppure “Il santo che visse in quel posto”… insomma definizioni specifiche, e per entrambe le volte io sapevo esattamente il nome del santo in questione. Senza esitazioni davo la risposta corretta. Devo ammettere che la cosa stupì entrambe, soprattutto perché lei non le sapeva, come poteva ricordarsi la vita di tutti i santi? Ma come potevo farlo io? Mi chiese se avessi fatto catechismo, ovviamente no, mi chiese se avessi libri che parlavano di santi, ancora ovviamente no. Allora come era possibile che ricordassi cose del genere? Ne parlammo per un po’, poi lei sembrò avere una illuminazione e tirò fuori l’unica spiegazione per lei plausibile: dio. La sua risposta a quel mistero era che dio stava parlando tramite me. Quindi dio stesso, in tutta la sua onniscienza mi aveva infuso la conoscenza, per permettermi di vedere la sua grandezza e convertirmi. Secondo lei dio aveva mostrato il suo attaccamento a me e voleva che io mi salvassi e quella era la prova definitiva che dio esisteva e mi amava. Giuro che l’ho lasciata finire di parlare prima di scoppiare a ridere. E giuro che per un attimo ho pensato davvero che stesse scherzando, mentre d’altro canto lei era serissima. Mi sono quindi ricomposta (neanche tanto a essere sinceri) e ho detto “Già che c’era avrebbe potuto infondermi la capacità di salvare la vita alle persone invece di riempirmi la testa di gente morta, non ti pare?”. Si offese, ma non riuscivo a smettere di ridere. Cercai di riprendermi e le dissi che doveva esserci un’altra spiegazione senz'altro. Lei disse solo che stavo sprecando un miracolo e che dio voleva la mia conversione perché ero una persona buona e generosa. Le feci notare che se ero davvero così buona e generosa, lo ero nonostante non credessi in dio. Ovviamente questo discorso non valeva secondo lei. Il suo ragionamento si fece ancora più contorto per spiegare il mio ateismo e la mia indiscussa (a suo parere) bontà: dio mi aveva scelta e quindi, nonostante mi fosse stato “imposto” di essere atea da parte della mia famiglia, egli voleva che io fossi la rappresentazione del suo amore e della bontà che alberga nel genere umano. Ma io domando e dico, non poteva farlo con lei? No, lei non ne era degna, questo fu ciò che disse, che lei non ne era degna.
Senso di colpa, ecco cosa albergava nel suo cuore, tanto senso di colpa per non essere all'altezza delle aspettative altrui, delle aspettative del suo dio. Mentre io, a suo parere, ero forte e giusta abbastanza per rappresentare il suo dio e la sua forza, io, un atea. Se non è un paradosso questo.
Ovviamente c’era un’altra spiegazione a quella conoscenza della vita dei santi.
Per chi ha pensato a una mia "conversione"... E per chi non aveva capito ed era semplicemente curioso e anche nella speranza che chi venga a conoscenza di questa cosa capisca i punti bui di una cultura basata sul senso di colpa religioso. Buongiorno.
Non posso dormire. Quindi vi scrivo adesso, tanto è inutile che aspetti l’alba o domani, le cose non saranno più chiare di come sono o sembrino oggi. Un paio di giorni fa una mia amica ha subito una molestia sessuale pesante da parte di un uomo (padre di famiglia) che lavora nello stesso edificio dove lavoriamo noi. E’ stata pesante come cosa, l’ha sbattuta in un angolo e ha cercato di baciarla e di prenderle le mani. Lei piccola e non molto forte (165 cm, sui 55 kg), lui grosso e ben piazzato (190 cm, 100 kg). Aveva bevuto e non si controllava. Lei terrorizzata e pietrificata, lui fuori controllo. Un collega è entrato nella stanza pensando fosse vuota e lei ha approfittato di lui per svicolare e andare via. Eravamo in pochi nell'edificio. All'inizio lei non ha detto molto di quello che era successo. Ha solo detto che era ubriaco e lei spaventata. E i primi consigli sono stati: “Non dire niente, lo eviti per un po’ e vedrai che si calma!”. Io lì per lì non avevo capito, poi lei è venuta da me e mi ha detto che, visto che sapeva che il giorno dopo avrei dovuto lavorare in quella stanza ai computer, era meglio se stavo attenta. Anche se forse era colpa sua che era stata troppo gentile con lui…. Troppo gentile? Come se ci fosse un punto limite alla gentilezza. Quell’uomo era già chiamato con l’appellativo de “il viscido” dalle dipendenti donne, per il suo modo eccessivo di fare complimenti, mettendo a disagio le ragazze. E il consiglio degli altri era sempre lo stesso “Evitalo!” oppure “Non andare a lavorare lì in gonna o con la maglia troppo corta o scoperta.” Tutto per non far venire in mente strane idee al Viscido. Lei quel giorno portava jeans larghi e scarpe da ginnastica, una camicia lunga e un giacchetto di jeans e non si trucca. Lo stesso abbigliamento che avevo io la settimana precedente quando mi accarezzò il gomito passandomi dietro e mi fece l’occhiolino. Mi ero sentita a disagio e chiesi consiglio, ottenendo sempre i soliti “Ignoralo.” Anche quando nel pomeriggio dello stesso giorno mi chiese via mail di andare a trovarlo in quell'ufficio. E io seguii i consigli, lo ignorai, evitai di andare a lavorare lì quando c’era lui (facendo degli orari di lavoro assurdi tra l’altro). Poi tutto è precipitato così alla svelta da fare spavento. Lei che venne da me a dirmi di stare attenta ma che forse era stata troppo gentile con lui e che quindi non dovevo preoccuparmi più di tanto. E io che avevo pensato la stessa cosa, avevo biasimato me stessa per le come lui si comportava. E quindi le dissi che cosa era successo a me e le mostrai le mail ricevute e lei scoppiò a piangere e raccontò tutti i dettagli. Eravamo tutti pietrificati (eravamo rimasti in 6), e molti si sentivano anche in colpa perché avevano consigliato di lasciar stare troppe volte, consigliato di coprirsi (Don Tullio insegna… ) o di evitare di lavorare in quella stanza. Come se la colpa fosse di chi subisce, per essere troppo disponibile o troppo vicino a chi è poi l’unico da biasimare. A noi donne viene consigliato di coprirci, di non sorridere, di essere modeste (maledetta religione) e ci viene chiesto di non essere provocanti, di non essere espansive, di coprire e nascondere la nostra femminilità come fosse una colpa, come se da questo dipendessero tutti i mali del mondo. E noi cerchiamo di seguire i consigli, perché non vogliamo essere considerate male, ma manteniamo la gentilezza nei limiti perché, d’altro canto, c’è sempre il rischio di essere considerate delle stronze o delle acide. Quante volte avete anche voi scherzato sul fatto che qualche donna ‘scopasse poco’ come se da questo dipendesse la sua avversione per gli uomini, per poi parlare alle spalle di quella che portava la maglietta un po’ più scollata o di quella che si metteva troppo trucco. Quanti padri hanno sgridato le figlie perché volevano il gonnellino corto per poi congratularsi col figlio maschio per aver guardato le gambe alla ragazzina di turno (“Evviva! Non è gay!” Come fosse la cosa peggiore che possa capitare…) Ha colpito anche me, la ‘moralità’ cattolica ha colpito anche me. Lentamente e tramite la società è entrata dentro al mio cervello fino al punto che la soluzione a cose del genere, anche nella mia mente era diventata quella di non parlarne, di nascondersi dietro vestiti larghi e assenza di trucco, per essere prese sul serio, per non essere giudicate male. Perché in fondo tutte noi siamo ancora quelle bambine che volevano la gonna corta e gli è stata negata perché altrimenti erano colpevoli di ciò che poteva accadere e quando da adulte l’hanno avuta hanno continuato a considerarsi colpevoli. E’ vero, l’ho scoperto. Siamo davvero in una società in cui si insegna alle donne a cambiare se stesse invece di insegnare agli uomini a rispettarle per ciò che sono. E Don Tullio può scrivere quello che vuole sulla sua cazzo di pagina, non siamo noi le colpevoli, non è colpa nostra se certi uomini non sanno controllarsi. Ed è ora di finirla di sentirci colpevoli e stare zitte di fronte a certe cose. Il giorno dopo il fatto la mia collega/amica mi ha detto una cosa che mi ha fatto capire che era ora di finirla con queste cose “Non voglio che lo faccia a qualche altra ragazza, o anche di peggio.” Ho passato il pomeriggio con l’avvocato dell’azienda. Prima lei poi io, con le mie mail. Sembra che altre dipendenti abbiano deciso di unirsi, sembra che abbia scritto a svariate loro facendo complimenti inappropriati ai quali loro non avevano risposto (“Ignoralo!). Sarebbe accaduto lo stesso se avessi parlato coi responsabili la settimana prima? Quel tocco al braccio che mi ha fatto lavorare in quell'ufficio solo dopo il suo orario di lavoro, che mi aveva infastidita a tal punto da farmi cambiare i miei programmi lavorativi era abbastanza per agire? Adesso ho la risposta, sì, lo era! Si fotta chiunque dica o abbia detto il contrario. E’ abbastanza se vi sentite a disagio, se le parole che vi dicono sono fastidiose, se vi sentite spogliate o osservate troppo, se volete le scarpe alte e vi guardano come foste un’attrice porno perché fanno rumore nel corridoio. Sono loro le menti malate, non voi. Ed è ora di finirla di prenderci la colpa di tutto. In tutto ciò alcuni colleghi maschi si sentono adesso a disagio e in colpa, per aver riso di lui e di come metteva in imbarazzo, perché in questa tenaglia di imbarazzo ci sono finiti anche loro e adesso i sensi di colpa e il sollievo che non sia successo di peggio li sta facendo sentire, in parte, come ci sentiamo noi tutti i maledetti giorni. Spero che questo insegni qualcosa a loro come lo ha insegnato a me. Bisogna gridare per le cose che sono sbagliate. Insegnate ai vostri figli maschi che le donne che guardano e che trattano in un certo modo sono le stesse che avrebbero potuto essere le loro madri e le loro sorelle e meritano rispetto e gentilezza. Insegnate loro che essere gentili non deve MAI essere una colpa e non importa cosa dicano gli altri. Insegnategli ad essere UOMINI, non MASCHI. Intanto a breve sarà l’alba e io dovrò alzarmi e andare a parlare con altri responsabili, stampare ancora le mail che mi ha mandato nei giorni precedenti al fatto e il giorno del fatto, già, perché da sbronzo ha anche scritto a me visto che lei gli era sfuggita, chiedendomi di venire a casa mia, mail alle quali non ho risposto, ma che sono state salvate e verranno usate come prova a carico per il processo interno per molestie sessuali sul lavoro. E qui un dubbio mi ha preso allo stomaco: Se mi fossi vestita diversamente o truccata di più sarei stata altrettanto credibile? E perché diavolo dovrei avere questo dubbio. Tutto ciò è profondamente ingiusto.
Concluderei col mandare a fanculo Don Tullio e tutti quelli come lui. Con le sue idee malate, che mostrano una mente ancora più malata, nascosta dietro la maledetta palandrana nera e colletto bianco -Ohm-
Trovare casa è stata una impresa allucinante. Dalla casa con gli studenti maschi che spiavano da dietro la porta come degli psicopatici alla stanzetta con il divano letto e l’armadio. Passando per la casa degli sfollati con quattro ragazze e una coppia con bambina piccola che condividevano lo stesso bagno, alla stanza allestita in quello che sarebbe stato un ingressino o al massimo uno studio con un materasso in terra, un comodino e uno stand da negozio per appendere i vestiti. Insomma la ricerca di casa non è mai facile e le persone capiscono quanto siano stati fortunati a vivere con i propri genitori solo quando cominciano a cercare casa. Monolocali costosissimi che la cuccia del mio cane sarebbe risultata essere più confortevole… e francamente anche più calda visto che il mio cane era un pastore tedesco a pelo lungo e aveva una temperatura corporea all'incirca di 38 gradi, a dormire con lui di sicuro non si pativa il freddo.
Poi è arrivata la casa perfetta (o quasi) con la padrona di casa simpatica e gentile, l’unica pecca (sorvolabile) era l’altare dedicato a Gesù Cristo e metà dei santi conosciuti che faceva bella mostra di sé all'ingresso della casa. C’erano talmente tante candele da far pensare che casa avrebbe potuto prendere fuoco, e se non era per quelle di sicuro un corto circuito prima o poi sarebbe avvenuto con tutte quelle lucine sparse in giro. Ed ero quasi sicura che quella sarebbe stata casa mia, finché la mia vecchia padrona di casa non mi ha chiamata dicendomi che si era liberato un posto in un’altra casa e che avrei avuto la stanza per me dividendo casa con altre 3 persone. Il bagnetto di servizio praticamente era solo mio e la doccia condivisa con due dei tre. Si poteva fare. Cucina condivisa. Costava meno di quella con l’altare all'ingresso, quindi decisi di impacchettare tutto e muovermi nell'altra casa, vicina alla precedente, con in più il vantaggio che conoscevo già la proprietaria e mi ci ero trovata bene. La roba negli ultimi due anni sembrava essere lievitata e io ero decisamente stata ottimista pensando di poter traslocare da sola. A fine giornata non sentivo più le gambe e le braccia, mentre la mia schiena era una specie di annodamento doloroso che soltanto una dose elevata di ibuprofene poté sciogliere abbastanza da permettermi di dormire. Dieci ore di trasloco su e giù per le scale con mille buste, valigie e scatole. Poi ho pulito casa che lasciavo e mi sono drogata fino a riuscire a dormire.
Casa era più o meno a posto, a parte il forno sporco che ho pulito il giorno del trasloco. Coinquilini con orari diversi dai miei (ammesso che qualcuno possa avere orari simili ai miei) e quindi incontrati poco o niente. Doccia condivisa ma loro si alzavano 30 minuti prima di me e quando io finalmente ero pronta ad entrare in bagno loro erano andati via da un po’. Dopo una decina di giorni mi sono cotta una braciola in padella, la cappa della cucina accesa per evitare fumo. Quando la carne era ormai cotta e praticamente anche finita il coinquilino maschio scese al pian terreno e cercò di aprire la finestra senza neanche guardarmi in faccia, avevo fatto una focaccia al prosciutto e gli chiesi entusiasta se voleva favorire visto che la stavo offrendo anche all'altra coinquilina, ma non mi ha degnata di uno sguardo, poi mi ha detto in maniera molto spicciola che dovevo aprire la finestra quando cucinavo perché lui non riusciva a respirare. Mi scusai e gli dissi che non avevo idea che avesse qualche tipo di problema e aprii la finestra. Da quella sera non ho più cucinato niente che potesse fare fumo (mancanza di tempo anche). Ho mangiato pasta in bianco e mozzarella o altri tipi di formaggio, qualche affettato col pane, insomma pasti veloci. Oppure panzerotti di zucca con ricotta e cipolla (FANTASTICI!).
Stamani ho avuto la sorpresa. Sul tavolo di cucina c’era un foglio scritto a mano dal famoso coinquilino.
E’ indù.
Quindi ha scritto le REGOLE per cucinare la carne (e il pesce). Non può sopportare la vista o l’odore della carne. Siccome nella sua religione venerano le mucche come divinità scrive “noi NON mangiamo mucche, polli o altri animali innocenti” quindi chiedeva la nostra cooperazione chiedendoci di aprire le finestre sia quando si cucina che dopo aver cucinato carne e di non lasciare in vista nessun residuo animale… A dirla tutta io ero stata carina abbastanza da preoccuparmi di non cucinare altre cose, anche se non avevo capito che fosse un problema religioso ma pensavo fosse una sorta di allergia al fumo (la carne mi piace sbruciacchiata sulla superficie). Ma il fatto che abbia fatto un foglio con le regole da seguire per cucinare la carne, invece di parlarci e spiegare, mi ha innervosita non poco. La prima reazione sarebbe stata quella di scrivere un altro foglio con più o meno queste indicazioni:
“Cari coinquilini maschi,
per il mio credo religioso io non posso condividere gli stessi piatti in cui ha mangiato un uomo e neanche le stesse pentole o la stessa cucina, per venirmi incontro per favore seguite queste regole :
1-fornitevi di posate e piatti di plastica da gettare dopo aver mangiato.
2-comprate pasti pronti e passate l’aspirapolvere dopo ogni pasto e disinfettate il pavimento (ovviamente questo vale solo per gli uomini)
Qualsiasi risposta darete a questa mia richiesta è esattamente la stessa che darò io alla richiesta di cucinare la carne in un determinato modo senza peraltro discutere faccia a faccia con le altre persone che condividono la stessa casa.
Grazie.”
Ma poi ho pensato che forse sarebbe stato troppo cattivo.
L’unica soluzione a questo punto è quella di comprare una quindicina di chili di bistecche di chianina e fare il grigliata sotto la sua finestra. Ho già una decina di amici che mi aiuterebbero.
Torniamo a parlare di evoluzione, stavolta partendo dal piccolo. Una delle prove dell’evoluzione e della derivazione degli organismi da un unico ancestore è nel DNA stesso degli organismi eucariotici e nel meccanismo di conservazione dei geni. Cerchiamo di farla semplice e consideriamo quello che una cellula qualunque ha bisogno di avere per sopravvivere, cioè la resistenza a ciò che potrebbe ucciderla. Può sembrare stupido o semplicistico, ma supponiamo una singola cellula che sopravviva ad un ambiente ricco di sostanze pericolose, quella caratteristica verrà tramandata e, a meno che l’ambiente non cambi (lentamente) quella caratteristica resterà immutata. La prima barriera cellulare sta nel rendere innocui la maggior parte dei composti pericolosi. Nel DNA degli organismi eucariotici si trovano le informazioni per produrre proteine che possono “salvare” la cellula. Sono chiamati i “principali sistemi di detossificazione”. Sono principalmente 3 e basati su meccanismi diversi, ma non staremo a discutere dei meccanismi in se in questa sede. Quello rimarchevole di questi sistemi è che a partire dal batterio ad arrivare all’uomo e passando per le piante, queste proteine sono presenti e condividono la stessa attività e anche gran parte della sequenza genica e proteica. Praticamente esse sono scritte quasi nello stesso modo, a parte piccole differenze. Per far comprendere meglio, prendete l’immagine, potete vedere la stessa frase scritta in sei lingue diverse. La prima lingua è il latino, a nostra conoscenza la più antica identificabile (poiché l’unica di cui trovate tracce scritte) ma sicuramente anch’essa derivava da qualche altra lingua parlata. Le altre sono 5 lingue europee. Nessun creazionista metterebbe in dubbio che esse derivino da una radice comune, a meno che non si trattasse di qualcuno che prende alla lettera la storia della torre di Babele. Il DNA ha fatto la stessa cosa, è cambiato nel tempo, ma la necessità di questi sistemi ha fatto in modo che essi si conservassero. Se non è la sequenza genetica ad essere molto simile, lo è la struttura tridimensionale della proteina. Questi geni conservati all’interno degli organismi sono la prova che tutti discendono da un comune ancestore. Esistono diversi sistemi e geni conservati, alcuni comuni solo a distinti gruppi di organismi e non in altri, che danno quindi una indicazione più o meno precisa del grado di “vicinanza” tra organismi differenti. Ad esempio, dal punto di vista genetico, l’essere umano e lo scimpanzé hanno il 99% di omologia. Presentano proteine che hanno la stessa struttura e alcuni geni sono esattamente gli stessi. Altra scimmia che ci è cugina e vicina nell'albero evolutivo è il bonobo. Lo studio del DNA umano e di queste due scimmie ha portato alla conclusione che tutte derivino da un comune ancestore, che ha dato loro origine e che si era separato dall’ancestore dei primati dopo che si erano già separati gli antenati degli attuali orangutan e gorilla. Tutto questo tramite lo studio di conservazione di geni e della struttura delle proteine. Forse è ancora troppo difficile da capire, ma sfortunatamente più si va nel dettaglio e meno è facile trovare dei modi semplici per spiegare. Questo non mi ha mai autorizzata a dire: E’ una magia! Spero che questa parte sia abbastanza chiara nonostante i tagli che ho dovuto fare. -Ohm-
Mi hanno accusata di non portare le prove scientifiche, quando comunque non è compito di una pagina facebook quello di colmare le lacune di conoscenza, ma semmai degli iscritti di informarsi sugli argomenti trattati e ricercare conferme quando possibile. Questo intervento sarà lungo e forse pieno di cose che non capirete, quindi se non ve la sentite lasciate stare, aspettate il prossimo meme e fatevi due risate su quelli vecchi. Faccio un po’ di chiarezza. La teoria dell’evoluzione viene spesso messa in discussione dai credenti (e non a quanto sembra) in quanto essa viene definita “teoria” e questo fa loro credere che essa rappresenti qualcosa di non provato, questo perché non hanno idea di che cosa significhi in realtà “teoria scientifica”. La scienza ha l’onestà di ammettere che niente è immobile e che di fronte a successive e discordanti prove le cose possono essere interpretate in un modo diverso, ma che, fino a che questo non accade, le interpretazioni basate sulle prove acquisite sono considerate teorie, perché aperte a reinterpretazione a fronte di ulteriori prove. E già questo cambia enormemente il significato della teoria dell’evoluzione. Perché la semplice spiegazione della parola “teoria” abbinata alla scienza già dice che tutto questo è confermato da dati e da prove riscontrabili. Adesso passiamo al mito dell’anello mancante nell’evoluzione dell’uomo. Guardate la foto. Due donne, la diversità più evidente tra le due è l’età, una è più anziana dell’altra, ma dov’è l’anello di congiunzione tra le due età? Quando una si è “trasformata” nella più vecchia? Mi spiego meglio (scienza per bambini delle elementari). Non succede che da un giorno all’altro da giovani si diventi vecchi, è un processo lungo che coinvolge molti meccanismi, che passano dalla comparsa di rughe alla caduta dei capelli o al cambio di colore dei capelli, della pelle, persino degli occhi, cambia la statura perfino e la struttura ossea. Adesso supponiamo di avere la possibilità di fotografare una persona solo raramente durante la vita, ci troveremo davanti a un cambiamento repentino nelle immagini, questo non vuol dire che si cambi da giovani a vecchi all’improvviso. Estendete questo concetto a miliardi di anni e considerate il fatto che i fossili e le prove fossili ritrovate siano comunque molto distanti tra di loro nel tempo, e non parliamo di decenni, neanche di millenni, ma di miliardi di anni. Non c’è un fossile che abbia caratteristiche intermedie tra scimmie (antichi primati è meglio) e l’essere umano, non perché il fossile non ci sia, ma perché semplicemente il processo è stato così lungo e lento che le mutazioni minime che hanno fatto la differenza probabilmente si trovano per catalogazione più vicine ad uno (primate) o all’altro (ominide) e quindi raggruppate genericamente in uno dei due. Proprio come non sia possibile vedere il momento preciso in cui una persona passa dall’essere giovane all’essere vecchia. Sono sicura che chi non vuole capire non lo farà neanche così e con questi esempi. Ma ci ho provato, perché non mi vengano a dire che mi credo infallibile. Nel momento in cui compariranno altre prove che smentiranno questa teoria, cambierò idea, fino ad allora non considero la “mancanza di qualcosa” (che poi mancanza non è) come una prova. Un esempio pratico dell’evoluzione è la scomparsa dei denti del giudizio nelle nuove generazioni, col tempo nascono sempre più bambini che da adulti avranno 2 o 3 denti del giudizio invece di 4. Cosa tra l’altro alquanto sorprendente in parte, poiché non c’è una reale pressione selettiva, infatti si accoppiano e riproducono anche quegli individui che presentano quattro denti del giudizio e con la medicina moderna il problema dei denti si risolve alla svelta. Questo fatto insieme ad altri ha portano una ventina di anni fa allo sviluppo di una ipotetica mescolanza tra la teoria di Lamark e quella Darwiniana. Questa cosa ha adesso assunto anche un aspetto più concreto con la scoperta di quella che viene chiamata epigenetica e che precedentemente veniva chiamato “influenza ambientale”. Gli effetti dell’ambiente sull’espressione di determinati geni, che porta a una simile regolazione di espressione fino a due generazioni successive. A quel punto possono avvenire mutazioni selezionate, per cui il gene inutile può essere perso. I meccanismi sono complessi e bisognerebbe leggere almeno una 20ina dei più importanti articoli scientifici in proposito per capire veramente, e difficilmente chi non lavora in ambito scientifico lo fa. Altra prove dell’evoluzione sono nel DNA mitocondriale degli organismi eucariotici. Ma credo che molti si saranno persi all'inizio del mio intervento. Quindi sorvolerò su questa parte a meno che qualcuno non faccia domanda specifica per saperne di più. Volete la scienza? E Scienza sia. Ma se continuiamo così, non so quale sarà il livello a cui si rischia di arrivare. Nessuno ha mai detto che la scienza sia facile, dicono solo che ne vale la pena! E io concordo, ovviamente. -Ohm-
Eccoci qui. Salve a tutti. Sorvoliamo su chi io sia e su cosa faccia della mia vita, non ha impotanza, affatto.
Sono donna, amica delle amministratrici della pagina, specialmente di una di loro. Negli ultimi tempi mi sono trovata a dover affrontare un argomento che raramente riscuote di grande seguito, la relazione tra le funzionalità cerebrali e la fede, intesa come capacità di concepire e credere in un essere superiore. Questa è una sorta di introduzione, perchè in effetti le argomentazioni da esporre sono talmente ampie che credo sia il caso di prendere un argomento alla volta.
Sono stati sviluppati studi su svariati gruppi di fedeli, per lo più per quel che riguarda l'affrontare la morte e spesso la donazione degli organi, quindi studi di tipo prettamente psicologico. Ma la domanda a cui cercavo risposta è: cosa succede nel cervello umano? Esiste qualche cambiamento reale nel modo in cui il cervello funziona? Cioè, la fede può influenzare la funzionalità cerebrale?
Siamo abituati a luoghi comuni su chi crede e su chi non crede, luoghi comuni che spesso corrispodono a apparente verità.
Non è mai stato effettuato uno studio completo su questo punto di vista, ad esempio non è possibile per il momento monitorare la trascrizione e traduzione in un cervello durante l'attività, che è come dire che non si può vedere che cambi avvengono a livello molecolare (RNA e proteine) nelle cellule cerebrali, cioè non si può fotografare un momento specifico, quindi tutte le interazioni a "corto termine" sono completamente escluse da qualsiasi studio. Se vi chiedete per quale motivo, risulta piuttosto semplice rispondere: al momento, con le tecniche che si hanno adesso, si dovrebbe provocare uno stimolo, decapitare il soggetto e congelare istantaneamente il cervello o omogeneizzarlo entro i 30 secondi dalla decapitazione... ora, trattandosi di studi che riguardano un credo religioso, non si può certo fare gli espermenti sui moscerini della frutta, e certo decapitare una ventina di esseri umani non è considerato eticamente corretto (e qui potrei parlare di chi suggerisce di usare strupratori e assassini per sperimentare, ma non voglio fare polemica su questo).
Da queste premesse ne consegue che fino a poco tempo fa si è parlato esclusivamente di aspetti psicologici e soprattutto di questi dal punto di vista pratico, ad esempio analizzando il modo in cui le diverse religioni affrontano la morte. Se vi chiedeste la rilevanza dal punto di vista pratico di questa cosa vi porto come esempio i kamikaze mussulmani. Ma potrei invece parlare delle trasfusioni di sangue per i testimoni di Geova o la donazione degli organi per quel che riguarda i mormoni. Insomma il credo religioso e le sue implicazioni psicologiche hanno un forte impatto sulla società che noi lo vogliamo oppure no. Quello che gli studiosi cercano di fare è capire quanto sia forte e profondo questo impatto.
Forse in fondo c'è la voglia di squarciare il velo su dio, come tuonarono dai loro altari alcuni predicatri americani qualche anno fa, o forse è solo e unicamente la buona e vecchia curiosità. Per quel che riguarda me, il mio credo non è parte del discorso. Io lo faccio per curiosità (e necessità lavorative).
Nella prossima nota parlerò degli albori di queste ricerche, soprattuto della visione psicologica del discorso. Cosa succede psicologicamente a un credente, rispetto a un non credente.
Non ve la prendete, non è sul personale, questa è scienza. E io personalmente prenderò in considerazione tutte le versioni, non mi faccio influenzare facilmente.